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sabato 20 ottobre 2012

MENO DEBITO PER LA REGIONE, PIU' FUTURO PER IL PIEMONTE

Ricordo bene il 1° marzo 2002. Quel giorno la Regione Piemonte aveva debiti per 458 miliardi di lire, corrispondenti a circa 237 milioni di euro. Certamente, una cifra importante per quel periodo. Che all'Assessore al Bilancio di allora Angelo Burzi (si dimise proprio per quel giorno ndr) aveva creato non pochi grattacapi, soprattutto per le difficoltà a tenere sotto controllo la spesa sanitaria.
Nulla però a che vedere con la situazione odierna, caratterizzata da uno stock di debito che si è moltiplicato per 27 volte.
Sì, per 27 in poco più di dieci anni! Arrivando a sfiorare i 6 miliardi e mezzo di euro. Una cifra che, naturalmente, grava sul bilancio regionale in termini di oneri finanziari sempre più "pesanti". Una cifra cui deve essere sommata - come leggiamo sui quotidiani in questi giorni - l'esposizione debitoria delle aziende sanitarie locali e ospedaliere piemontesi.
E' evidente, allora, che il primo e - mi permetto di dire - unico impegno della Giunta e della maggioranza alla Regione Piemonte debba essere quello di ridurre un debito non più sostenibile e che sottrae risorse allo sviluppo economico della nostra comunità.
Bisogna occuparsene in via prioritaria ed esclusiva. Certamente sottolineando quando e come si sia originato e indicando precise responsabilità politiche. Ma, soprattutto, rendendo operative al più presto tutte le progettualità che sono state già illustrate e condivise: dalla vendita del patrimonio immobiliare alle dismissioni di partecipazioni societarie; dall'ottimizzazione dei costi di funzionamento alla riduzione delle spese per il personale mediante un'efficiente gestione del turn-over; dall'abolizione di agenzie e enti che sono diventati, nel tempo, centri di spesa non controllati alla creazione di fondi immobiliari cui conferire il patrimonio, sanitario e non. Insomma, una terapia che consenta di generare avanzo di bilancio e quindi nuove risorse da destinare solo ed esclusivamente alla riduzione del debito e non ad altri interventi - magari lodevoli - ma oggi di secondaria importanza, quando va bene. Con l'unico obiettivo di dimezzare quella cifra monstre.
Certo, per fare questo è necessario che tutti remino nella stessa direzione, e che alle rivendicazioni settoriali, partitiche, territoriali, sindacali, venga opposto il progetto, assolutamente di buon senso, di provare a salvare l'autonomia regionale. Se, al contrario, si continuerà con la politica dell'attesa (gli anglosassoni direbbero: "wait and see") senza aver preso coscienza della gravità del problema, credo che il destino del Piemonte - come delle altre Regioni non virtuose - sarà segnato.

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